
Storie
22 Set 2021

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La Luce di San Charbel
Youssef Antoun è figlio di contadini e vive con i suoi quattro fratelli in un villaggio del Libano. A tre anni un duro colpo che lo costringe a diventare grande anzitempo: aveva tre anni Youssef quando suo padre muore. La madre si risposa con un uomo pio, che diventa sacerdote con il nome religioso di Abdel Ahad (secondo l’usanza orientale anche uomini coniugati possono diventare sacerdoti ed esercitare il loro ministero). Abdel Ahad è parroco di Bqaakafra ed è anche il maestro della scuola del villaggio. Youssef è allievo del “patrigno” sacerdote, il quale è la prima importante guida spirituale per il ragazzo. Lo ascolta con gioia e il suo cuore si accende quando sente parlare dei due zii eremiti nella Valle dei Santi. Per lui sono “supereroi” e vorrebbe seguirne l’esempio, ma deve aiutare la famiglia. Il suo compito giornaliero è condurre la mucca al pascolo. Così, a dieci anni, inizia a fare il pastore, ma ha un’indole contemplativa il ragazzo, che non di rado amava isolarsi in una grotta a pregare. Alla sua mucca diceva: “Aspetta che finisca di pregare, perché non posso parlare con te e con Dio allo stesso tempo. Lui ha la precedenza!”. Quella grotta è oggi nota come “la grotta del santo” e meta di pellegrinaggi.
“Vieni e seguimi!”
Da tempo sentiva una voce risuonare nella profondità del suo cuore, ma avvertiva anche forte il senso di dovere nei confronti della famiglia. Quella notte, però, la chiamata è forte, inequivocabile: si alza e, prima che faccia giorno, è già in viaggio verso il monastero di Nostra Signora di Mayfouq. È il 1851 e Youssef ha 23 anni. La madre lo cerca e lo supplica di tornare a casa, ma il giovane è irremovibile. In pochi mesi diventa monaco dell’Ordine Libanese Maronita e cambia il suo nome in Charbel, che in siriaco significa “il racconto di Dio”. Si distingue dagli altri novizi per obbedienza esemplare. Si occupa di poveri e ammalati, in obbedienza alle missioni che via via gli vengono affidate, compreso il lavoro nei campi. Ma sono la preghiera e la contemplazione le attività che preferisce. Quel monastero, infatti, non corrisponde pienamente alle sue aspettative di solitudine e silenzio. Chiede ai superiori di essere trasferito in un monastero più isolato e viene mandato nel convento San Marone di Annaya. Dopo i voti solenni, viene inviato all’Istituto Teologico di Kfifane, per prepararsi al sacerdozio. Completati gli studi e ordinato sacerdote nel 1859, Charbel torna al monastero di Annaya, dove trascorre 16 anni di vita monastica esemplare, guadagnandosi la fama di santo per le virtù eccelse e la leggendaria ubbidienza “più angelica che umana”. Nel 1875 ottiene il permesso di ritirarsi all’eremo dei Santi Pietro e Paolo, annesso al monastero di Annaya, dove trascorre gli anni più intensi della sua comunione con Dio. Fino al giorno di Natale del 1898. Durante la Messa Charbel si sente male. Dopo un’agonia di otto giorni in cui gli altri monaci lo sentono pregare e in cui continua a osservare la Regola – rifiutando, ad esempio, del cibo più nutriente – si spegne.
Una luce brillante e misteriosa
I prodigi attribuiti a San Charbel risalgono a quando egli è ancora in vita presso Annaya. Accorrono da lui persone di ogni confessione religiosa a chiedere benedizioni per i campi, il bestiame, le case, per gli ammalati... Pare che il monaco conosca già ogni cosa: aveva il dono di scrutare le coscienze. E i miracoli di fatto avvengono. Durante le frequenti invasioni di cavallette, causa di carestia e di morte, per esempio, solo i campi benedetti dal monaco sfuggivano alla devastazione. Un suo confratello ha dichiarato: “Tutto quello che si legge nelle biografie dei santi è inferiore a ciò che, con i miei occhi, ho visto compiere da padre Charbel”.
La sua morte non è che una conferma. Per alcuni mesi, una luce brillante e misteriosa, visibile in tutta la vallata, si sprigiona ogni notte dalla sua tomba. La corrente elettrica non era ancora arrivata in quei luoghi, e lo spettacolo è impressionante. Un giorno la tomba viene aperta e il suo corpo viene ritrovato intatto, con la temperatura corporea di un vivente; era come dormiente. Il corpo trasuda sangue e acqua, e si scopre che quel liquido ha straordinarie proprietà taumaturgiche. Durante l’ultima ricognizione, avvenuta nel 1950 (Anno Santo), si verificano molte guarigioni istantanee tra i presenti. Si diffonde così, anche oltre i confini del Libano, la fama di santità di questo monaco silenzioso, che inizia a essere invocato e, per sua intercessione, si moltiplicano le guarigioni miracolose. La Chiesa non ha più dubbi: è Paolo VI a beatificarlo e poi a canonizzarlo. Lo ricorda così: “Egli può farci capire, in un mondo affascinato dal comfort e dalla ricchezza, il grande valore della povertà, della penitenza, dell’ascetismo, per liberare l’anima nella sua ascensione a Dio”.
Uno fra i miracoli più eclatanti attribuiti a San Charbel si verifica il 22 gennaio del 1993. Una donna, Nouhad Al-Chami, viene guarita da un’emiplegia con doppia ostruzione alla carotide. Dopo che i medici danno per nulle le probabilità che l’operazione vada a buon fine, un figlio della donna (il primogenito di 12) si reca presso la tomba di San Charbel ad Annaya, pregando che la madre guarisca. Il delicato intervento alla gola viene effettuato dallo stesso santo: dopo che il figlio le friziona la gola con l’olio benedetto di san Charbel, la donna si sveglia con due cicatrici di 12 cm. I medici dell'ospedale di Beirut, togliendo i punti di sutura dal collo, dichiarano l’avvenuta guarigione e la notizia si espande in tutto il Libano, tanto che il parroco ed il medico di famiglia suggeriscono a Nouhad di allontanarsi da Annaya, ma San Charbel le appare in sogno dicendole: «Ti ho operata perché tutti ti vedano e la gente torni alla fede. Ti chiedo di partecipare alla messa presso l'Eremo di Annaya ogni 22 del mese». Così ogni 22 del mese viene celebrata una Messa in suo onore sia in Libano che a Roma; in molti, da ogni continenti, accorrono per chiedere la sua intercessione.
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