Armando Dal Col: il pioniere dei bonsai italiani

Un angolo d’Asia in quel di Tarzo (TV)

A Tarzo in via Roma 6, nel borgo a ridosso della collina, salgo i ripidi gradini in pietra che accedono ad una vecchia abitazione. Mi spalancano la porta e subito mi accolgono con un sorriso Haina e Armando Dal Col. Mi invitano a passeggiare nel loro “Giardino Museo Bonsai della Serenità” (SEI WA BONSAI EN), tra le 1540 piante di bonsai che quotidianamente nutrono come fossero dei figli.
Sono un po’ smarrito dentro a questo luogo dove s’incontrano mondi diversi. Dopo alcuni passi, chiedo ad entrambi: Com’è nato tra le colline, quest’angolo d’Asia?

Armando, con sguardo paterno, risponde…

«La mia storia è lunga, per questo l’ho scritta e se vuoi la leggiamo insieme.

L’approccio con il Bonsai è dovuto probabilmente al mio DNA, per il mio carattere romantico; da ragazzo, infatti, mi piaceva ammirare gli alberi fioriti in primavera, e, allungando un braccio, vedevo l’albero proiettarsi sul palmo della mia mano. Fu così che nacque l’idea di creare un albero in miniatura che potesse vivere in una ciotola. Bonsai, tradotto letteralmente, significa pianta in un vaso. Le mie visite in Giappone e ai giardini giapponesi mi hanno influenzato anche nella scelta del nome giapponese da dedicare al mio giardino: SEI WA, significa Serenità, BONSAI EN, vuol dire Giardino Bonsai, con l’aggiunta della parola Museo.

Il Giardino Museo Bonsai della Serenità (si estende su un’area di mille metri quadrati circa, compresa una parte della collina, ed è stato progettato affinché la sua fruizione sia allargata non ai soli appassionati, ma a un pubblico più vasto, perché il giardino sia un veicolo educativo per chi non possiede la cultura del verde. Lo scopo è quello di preservare quanto è stato creato in questi decenni, affinché anche le generazioni future possano ammirare questi capolavori naturali viventi».

Da vero pioniere, Armando ha iniziato a coltivare la sua passione per gli alberi in miniatura, senza peraltro conoscerne l’esistenza, seminando semi di conifere nell’autunno del 1958, che nacquero solo nella primavera del 1960. Nella primavera del 1963, dopo essersi trasferito da Longarone a Belluno, sempre affascinato dagli alberi da frutto in fioritura, acquistò un pesco e un cotogno da fiore. Il destino l’ha così salvato dall’immane catastrofe del Vajont avvenuta il 9 ottobre dello stesso anno, le cui acque avevano cancellato il paese di Longarone insieme ai suoi genitori ad una sorella e ad un nipotino. Nel 1997 Armando e Haina si sono trasferiti definitivamente da Belluno a Tarzo portando con loro l’immensa collezione di bonsai. Qui ora si trova il famosissimo Giardino Museo Bonsai della Serenità, considerato il Tempio della storia del bonsai italiano.

I bonsai non sono semplicemente esposti in fila sui bancali, o appoggiati su dei tronchi, o negli spazi faticosamente ricavati sulla collina, ma inglobati nel verde quasi fossero un tutt’uno, divengono così un luogo di riflessione, di meditazione, di ricreazione, di piacere.

«Sostando nel giardino, le emozioni si susseguono, eppure ad ogni primavera si rinnova in me una comprensibile ansia nel timore che qualche pianta non ce l’abbia fatta a superare l’inverno; ma osservando la vita che pulsa dai rami ancora spogli svaniscono in me le titubanti ansie. E come non rallegrarsi nel sentire il canto degli uccelli, i quali annunciano festosi la primavera, e così si possono ammirare molti bonsai dalla precoce fioritura. I larici sono incantevoli con i loro ciuffetti verdini, e com’è emozionante il contrasto delle gemme da fiore turchine, le quali, fra breve, si trasformeranno in tante piccole pignette!»

Anche i muschi tra le robuste radici sembrano svelare chissà quali misteri, ma la meraviglia più grande è l’evocazione di potenza e longevità proveniente da un piccolo mondo racchiuso in un vaso: il faggio “Patriarca” di 250 anni, ammirato, consacrato e pluripremiato dalla Nippon Bonsai Association, la massima autorità mondiale di Bonsai. Poco distante si rimane attratti dalle asperità dei tronchi di alcuni pini mughi e silvestri, in contrasto con le forme delicate degli aceri; ed ancora betulle, carpini, olmi, larici, pini mughi, abeti, pruni, peschi, ciliegi, forsizie, salici, pioppi e chissà quante altre specie ancora, tutte con la loro storia.

Il Museo Bonsai è visitabile tutti i giorni e qui, più che altrove, si possono ammirare le centinaia di opere create da Armando in oltre sessant’anni di incessante ricerca evolutiva, molte delle quali sono state pluripremiate in Giappone dalla Nippon Bonsai Association e al World Bonsai Contest. SEI WA BONSAI EN è inoltre diventato sito internazionale delle Colline Unesco.

La fama del pionere dei bonsai italiani è cresciuta grazie anche e soprattutto alla preziosa collaborazione della moglie Haina, conosciuta in uno dei suoi viaggi in Estremo Oriente, divenuta discepola appassionata e silenziosa, dotata di talento e amore per la natura.

Armando e Haina sono ben lieti di aprire le porte del loro giardino ai visitatori.

Infine, da saggi, ci regalano la visione di questo video affinché ciascuno di noi possa trovare il proprio giardino di serenità.








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