QualBuonVeneto
23 Feb 2016
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Conegliano: ripensare il centro storico o, semplicemente, ri-pensare
Viabilità problematica, mercato del venerdì falcidiato dal traffico, carenza di parcheggi... Sono solo alcuni dei temi che periodicamente affollano i giornali locali sul fronte coneglianese. Le soluzioni, quando ci sono, sono temporanee e insufficienti. Questi sintomi ci avvertono con insistenza: occorre anzitutto un cambio di mentalità.
Piccole e grandi città stanno da anni costruendo un percorso di adeguamento a nuovi standard organizzativi, di traffico, logistici. Conegliano è invece indietro su molti punti (complici anche i ritardi nel completamento di opere come via Vespucci): ma forse, più di tutto, è la mentalità di chi vive la città a dover cambiare. Non possiamo più permetterci di esigere il parcheggio davanti al negozio e di accedere alla città con mezzi novecenteschi. La carenza di parcheggi e la gestione del traffico devono essere sanate da un ripensamento degli spazi periferici, mentre il centro storico dovrebbe godere di più verde, più negozi e aria buona; dovrebbe essere il cuore pulsante di una spinta innovativa che sia d’esempio a tutto un territorio, quello della Sinistra Piave. Si dovrebbe, insomma, ripensare al nucleo secolare delle nostre città come a un’agorà in senso classico: il centro storico come luogo di incontro e di commercio, sede di una cultura e di una politica che facciano sentire la loro potenza e il loro prestigio.
Il richiamo alle forme della città greca, poi, non è fuori luogo: Conegliano ha la sua piazza principale proprio alle prime pendici del colle di Giano e sulla sommità il vecchio cuore religioso (nel medioevo, a fianco al castello, sorgeva un grande duomo, prima di essere trasferito in via XX settembre e poi parzialmente abbattuto), senza contare che le linee neoclassiche di villa Gera ricordano a chi guarda verso l’alto un antico tempio ellenico. Sono solo forme: ma nelle civiltà tradizionali da sempre le forme sono contenuti. Oggi noi ci troviamo davanti alla responsabilità di dare un contenuto ricco di senso a queste bellissime forme da tempo svuotate.
Spesso viene data tutta la colpa agli amministratori, che però non possono fare progetti né tanto meno attuarli, se non sostenuti da una nuova mentalità dei cittadini. Dobbiamo essere noi a tornare sulle strade della città, a esigere nei fatti i nostri spazi comunicativi e uno standard qualitativo più alto su tutti i piani. Con una viva e naturale cooperazione - termine che sta andando sempre più fuori moda - i provvedimenti poi rischiano di venire da sé, con il beneficio di tutti. Quindi, giustissimo ripensare il centro storico, progettare nuovi spazi per le auto o trovare soluzioni alternative per il traffico, ma prima di tutto Conegliano e molte altre realtà urbane avrebbero bisogno, semplicemente, di ri-pensare, cioè dare un nuovo corso al proprio modo di concepire la città, consci delle nuove difficili sfide che questo millennio ha portato nella nostra quotidianità.
Piccole e grandi città stanno da anni costruendo un percorso di adeguamento a nuovi standard organizzativi, di traffico, logistici. Conegliano è invece indietro su molti punti (complici anche i ritardi nel completamento di opere come via Vespucci): ma forse, più di tutto, è la mentalità di chi vive la città a dover cambiare. Non possiamo più permetterci di esigere il parcheggio davanti al negozio e di accedere alla città con mezzi novecenteschi. La carenza di parcheggi e la gestione del traffico devono essere sanate da un ripensamento degli spazi periferici, mentre il centro storico dovrebbe godere di più verde, più negozi e aria buona; dovrebbe essere il cuore pulsante di una spinta innovativa che sia d’esempio a tutto un territorio, quello della Sinistra Piave. Si dovrebbe, insomma, ripensare al nucleo secolare delle nostre città come a un’agorà in senso classico: il centro storico come luogo di incontro e di commercio, sede di una cultura e di una politica che facciano sentire la loro potenza e il loro prestigio.
Il richiamo alle forme della città greca, poi, non è fuori luogo: Conegliano ha la sua piazza principale proprio alle prime pendici del colle di Giano e sulla sommità il vecchio cuore religioso (nel medioevo, a fianco al castello, sorgeva un grande duomo, prima di essere trasferito in via XX settembre e poi parzialmente abbattuto), senza contare che le linee neoclassiche di villa Gera ricordano a chi guarda verso l’alto un antico tempio ellenico. Sono solo forme: ma nelle civiltà tradizionali da sempre le forme sono contenuti. Oggi noi ci troviamo davanti alla responsabilità di dare un contenuto ricco di senso a queste bellissime forme da tempo svuotate.
Spesso viene data tutta la colpa agli amministratori, che però non possono fare progetti né tanto meno attuarli, se non sostenuti da una nuova mentalità dei cittadini. Dobbiamo essere noi a tornare sulle strade della città, a esigere nei fatti i nostri spazi comunicativi e uno standard qualitativo più alto su tutti i piani. Con una viva e naturale cooperazione - termine che sta andando sempre più fuori moda - i provvedimenti poi rischiano di venire da sé, con il beneficio di tutti. Quindi, giustissimo ripensare il centro storico, progettare nuovi spazi per le auto o trovare soluzioni alternative per il traffico, ma prima di tutto Conegliano e molte altre realtà urbane avrebbero bisogno, semplicemente, di ri-pensare, cioè dare un nuovo corso al proprio modo di concepire la città, consci delle nuove difficili sfide che questo millennio ha portato nella nostra quotidianità.
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