
Musica
14 Ott 2016

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Dal 1997 al 2016, da un giullare a un menestrello: il Nobel collega due grandi protagonisti della cultura contemporanea.
14 Ott 2016
A Bob Dylan il Premio Nobel per la letteratura
Se ne discuteva da anni, sembrava impossibile che potesse accadere: «È americano. Non lo danno a Philip Roth, figuriamoci a lui»; «È un cantante. È vero, ha scritto anche prosa, ma erano esercizi velleitari»; «Che il comitato decida di estendere il prestigioso riconoscimento a un genere come la musica "pop" è davvero poco probabile» ... voci che circolavano a livello di opinione pubblica. E invece alla fine è successo: il Premio Nobel per la Letteratura è stato assegnato a Bob Dylan, "per aver creato una nuova espressione poetica nell’ambito della grande tradizione musicale americana". Lo ha annunciato, ieri, il Comitato dei Nobel dell’Accademia di Stoccolma. Il cantautore statunitense ha conquistato il Nobel a vent'anni esatti dalla sua prima candidatura ed è il primo americano dai tempi della scrittrice Toni Morrison nel 1993; ora il suo nome si inserisce fra quelli di Saul Bellow, John Steinbeck e Ernest Hemingway.
Al di là degli inevitabili consensi e dissensi che si concentrano attorno alla premiazione dell’estroso cantautore statunitense, indiscutibile è l’influenza che le sue canzoni hanno avuto in tutto il mondo, elevando la musica a forma poetica contemporanea. Il vero metro della grandezza di Bob Dylan sta proprio nell’influenza esercitata sui suoi contemporanei perché, com’è noto, gli artisti comuni seguono le tendenze, quelli straordinari le determinano. E Dylan la storia della musica l’ha plasmata davvero, debuttando nel solco del folk tradizionale e impegnato di Pete Seeger e Woody Guthrie, con lo sguardo timido, i capelli ribelli e l’armonica tra le labbra, per poi passare di colpo al rock negli anni ’60, con la folta criniera riccia, la magrezza monacale e i Wayfarer che rendevano il suo sguardo impenetrabile. E poi ancora una svolta al country, fino alla conversione al credo cristiano con atmosfere “black” affioranti qua e là. Attualmente - con gli ultimi due album usciti - è dedito a brani non suoi ma del Great American Songbook, che reinterpreta in maniera magistrale. Insomma, ne ha cambiate di vesti il cantautore statunitense, restando però sempre - in tutte le sue scelte artistiche - un gigante della cultura contemporanea. Come ha detto Bruce Springsteen nel discorso alla cerimonia di inclusione nella “Rock and Roll Hall of Fame” (1988): «Bob ha liberato le nostre menti nello stesso modo in cui Elvis ha liberato il nostro corpo. Ci ha dimostrato che il fatto che questa musica abbia una natura essenzialmente fisica non significa che sia contro l’intelletto».
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