Alla scoperta dei mulini (II)

Seconda tappa: Quartier del Piave

Nell’articolo precedente ho proposto un itinerario lungo il torrente Rujo che è un affluente del Soligo. Continuiamo il nostro viaggio alla scoperta di altri mulini o opere idrauliche annesse che sfruttavano sempre le acque del Soligo.

Suggerisco una fermata in prossimità della chiesa di Solighetto. Lasciata la chiesa alle spalle e proseguendo in direzione Follina, dopo trecento metri, s’incrocia via Chiesuola che porta direttamente presso il vecchio Mulino Marin dove sono ancora visibili le paratie ed il canale per la gestione dell’acqua che forniva l’energia per le macine.

Il luogo si presta anche per una passeggiata nei vicoli adiacenti, che ospitavano un maglio che prendeva sempre forza dalle acque del Soligo.

Chi ha buone gambe può sfruttare il fresco dell’ambiente e risalire lungo il percorso che affianca più volte il fiume per portarsi a Pedeguarda presso il vicolo Santa Libera, raggiungibile più facilmente attraverso la SP4. Alla fine del vicolo, dove già si sente il rumore delle acque convogliate dall’antica canaletta, è visibile una macina del vecchio Mulino Balzan-Lucchetta. In alcuni documenti degli anni Quaranta dell’Ottocento era censito come “mulino da grano ad acqua con casa colonica”. A fine Ottocento, è attestata la proprietà di Angelo Antonio Belzoni e negli anni Trenta di Angelo Lucchetta. La macina aveva due ruote “a palmenti” che servivano per la molitura del frumento e del granoturco. Il sistema “a palmenti” prevedeva due ruote in pietra molto dura, in cui una girava sopra l’altra che rimaneva ferma e fungeva da base. Una serie di scanalature sulla ruota superiore consentivano alla granella di entrare tra le due pesanti macine e piano piano proseguire il moto centrifugo verso l’esterno diventando via via polvere sempre più sottile.  

Un altro mulino utilizzava all’epoca le acque del Soligo poco più a valle e forniva l’energia al Lanificio Bianchi-Setificio “Serica 1870”. Il lanificio Bianchi, fondato nel 1866, negli anni Settanta dell’Ottocento realizzava maglie e berretti in lana che venivano venduti anche nei mercati internazionali. L’azienda, ancora in attività, conserva a livello strutturale il nucleo originale della fabbrica composta da due ali che formano una L.

Da Pedeguarda si può risalire la collina attraverso la strada panoramica verso Farrò e Rolle per poi scendere a Refrontolo e arrivare al Molinetto della Croda che, come gli altri mulini, utilizza acque che confluiscono nel Soligo.

Le prime informazioni riguardanti il Molinetto che sorge lungo la Valle del Lierza, torrente che raccoglie le acque dai colli limitrofi, risalgono al Seicento quando fungeva da mulino per la macina del grano per produrre la farina. Il procedimento rimase attivo fino agli anni Cinquanta del Novecento.
L’edificio principale venne costruito nella roccia e, per questo motivo, è denominato, nel dialetto locale, “della Croda”. Ad un primo sguardo, infatti, il visitatore può avere conferma dell’appellativo.
Esternamente l'edificio è una struttura rurale di piccole dimensioni, fatta di pietra e legno. All'interno del Molino si possono vedere l'impianto con la caratteristica macina ed i piani dell'abitazione. Storicamente, nella costruzione dimoravano le famiglie ed i mugnai.
Nel corso del tempo, diverse furono le alluvioni che il Molinetto subì. Per i mugnai, il torrente Lierza era il “fiume traditore” perché bastava che si caricasse a monte d’acqua per esondare.
Sul letto del torrente vennero creati, negli anni, diversi sbarramenti, salti, ecc., per convogliare l’acqua e renderla produttiva. Con il restauro del 1991 è stata ricostruita anche la macina in pietra che è a tutt’oggi funzionante.

Scoprire i mulini rimane un modo alternativo per conoscere il territorio dove viviamo e/o dove siamo cresciuti!










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