Personaggi e Territorio - Parte IX

Riprendiamo il nostro viaggio alla scoperta di Gaia Da Camino.

Sembrerebbero ampie le disponibilità di Gaia che l'11 luglio 1301, acquistò per 500 lire alcuni mulini situati sul fiume Sile presso la porta di San Martino. Secondo alcuni storici, lo scambio organizzato dal padre, fu in realtà una truffa ai danni di Treviso.
Nel 1302 Gaia ottenne dei lasciti importanti da una certa Frixa, nobildonna di origine forse trevigiana.

Nel 1307, dopo lunghe trattative con il vescovo di Ceneda Francesco Arpone, Tolberto Da Camino permutò la curia di Castelnuovo, l’attuale Tarzo, con quella di Portobuffolè. Questo nuovo possedimento aprirà le porte all’arrivo di Gaia a Portobuffolè.

Il 28 luglio 1309 il Doge Pietro Gradenigo inviò a Gaia Da Camino e a suo marito Tolberto una lettera per ringraziarli della sollecitudine e dell’energica fermezza da essi dimostrata nel proteggere le terre e le case del vescovato di Cittanuova, territorio di dominio veneziano, dalle incursioni e dai saccheggi di alcune bande di malfattori e di briganti.

Dante Alighieri, che soggiornò a Treviso, nel suo Purgatorio citò Gherarardo III con un richiamo alla figlia:
“O tuo parlar m’inganna, o el mi tenta”, rispuose a me; “ché, parlandomi tosco, par che del buon Gherardo nulla senta. Per altro sopranome io nol conosco, s’io nol togliessi da sua figlia Gaia. Dio sia con voi, ché più non vegno vosco.” Purgatorio XVI, versi 133-141.

E qui i critici si chiedono come mai Dante, invece di dissertare sul buon Gherardo che lo ospitò a Treviso, si prese la libertà di inserire nella sua opera la figlia. Secondo Jacopo Della Lana, commentatore e contemporaneo dell’Alighieri, Gaia era conosciuta in tutta Italia per le sue dilettazioni amorose. Un’osservazione simile la sostenne anche Benvenuto dei Rambaldi nel 1375. Qualcuno ha ipotizzato che lo stesso Dante si fosse invaghito della bella nobildonna e magari per questo l’abbia inserita tra le sue citazioni.

Comunque fosse, sappiamo che Gaia era sicuramente attiva e che l’arte e gli artisti muovevano i suoi interessi.

Avevamo lasciato Gaia a Portobuffolè dove si trova un palazzo a lei intitolato all’interno del quale è visibile un pregevole ciclo di affreschi tardo-quattrocenteschi, di fattura non raffinatissima e popolare ma di vivacità quasi moderna. Al primo piano si possono ammirare affrescate delle figure che rappresentano le espressioni culturali europee ed asiatiche, che fronteggiano nella parete opposta una schiera di 6 guerrieri con fine armatura. Gli affreschi proseguono poi con rappresentazioni bibliche, un probabile ritratto di Tolberto e Gaia, nonché con immagini di città turrite, in cui si ravvisa una probabile effigie di Portobuffolè ancora con tutte le sue sette torri. Il Palazzo merita sicuramente una visita.

L'ultimo documento noto relativo a Gaia Da Camino è il testamento da lei dettato il 14 agosto 1311 alla presenza del notaio Romano di Santo Stefano nel castello di Portobuffolé, dove lei giaceva gravemente inferma, assistita dal marito e da "Petro physico de Prata", un medico originario di Prata di Pordenone. Gaia Da Camino morì pochi giorni dopo la stesura del testamento e venne sepolta nella chiesa di San Nicolò a Treviso insieme alla figlia Chiara.

La chiesa di San Nicolò a Treviso è un altro luogo visitabile che ha a che fare con Gaia Da Camino. Il tempio si trova nella contrada di San Teonisto, poco distante dalle mura cittadine, ed è dalla parte opposta rispetto a dove era collocato il palazzo dei Da Camino.

Il complesso chiesa e convento, fu realizzato una prima volta dai frati Predicatori prima della nascita di Gaia. Conosciuti come Domenicani dal nome del loro fondatore Domenico de Guzman, sempre i monaci iniziarono la ricostruzione del tempio mentre era capitano della città Gherardo III papà di Gaia nel 1304. L’impegno proseguì per molti anni fino al 1318 anche se numerosi furono, nei secoli successivi, i lavori che coinvolsero il tempio.

Secolo dopo secolo la tomba di Gaia era sempre conservata dai monaci fino a quando, i Francesi arrivati in città dopo la caduta della Serenissima nell’Ottocento la distrussero.

Attualmente rimane, murata su un lato esterno della chiesa, una faccia della tomba in cui sono rappresentati degli stemmi in bassorilievo.

La chiesa, ben più grande dello stesso Duomo di Treviso, merita la visita dei microturisti, vuoi per chiudere in qualche modo il capitolo di Gaia, vuoi per vedere un’opera architettonica iniziata nel Trecento, vuoi per ammirare tutte le sue bellezze.










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