Letteratura
19 Lug 2019
La Felicità secondo Andrea Camilleri
Il grande scrittore siciliano Andrea Camilleri, autore della fortunata serie di romanzi sul commissario Montalbano, è morto mercoledì 17 luglio a 93 anni. Ci lascia oltre 100 romanzi, tradotti in tutto il mondo. Internazionale, infatti, è la sua fama di maestro e uomo di cultura. Oltre a scrivere romanzi, Camilleri ha insegnato regia all’Accademia nazionale d’arte drammatica, ha lavorato come regista, autore e sceneggiatore sia per la televisione che per il teatro. Un uomo estremamente colto ma anche estremamente semplice. Non cercava l’isolamento per scrivere, ma si metteva in sintonia con il rumore della vita. Spesso parlava di felicità, non come categoria filosofica ma come desiderio ed esperienza.
La felicità per me non ha motivazioni, non ne ha mai avute, per me è fatta di cose ridicole. La felicità per me era aprire la finestra al mattino, sentire l’aria fresca, guardare fuori. Alzarsi presto, aspettare che tutta la casa prendesse vita, sapere che dopo un po’ si sarebbero alzate le persone a me più care e che presto ci sarebbero state le loro voci intorno a me. E che poi avrei iniziato a scrivere. Questa era la felicità.
Parla al passato qui Camilleri perché con la vecchiaia ha perso la vista. Avrebbe potuto chiudersi nella malinconia, nel rancore o nella rivendicazione nei confronti della vita, invece non ha perso quella sua attitudine a rimanere concentrato sulla sostanza delle cose, che, da non vedente, riusciva addirittura - su sua stessa ammissione - a capire ed apprezzare meglio.
Quando ora tento, con sforzo, di girare la manovella del mio corpo e quando lui risponde a dovere, provo di nuovo un sentimento leggero di felicità.
Del resto per Camilleri la felicità era «per pochi attimi e per cose inspiegabili»:
È fatta di un nulla la felicità. Come quelle farfalle che prendi per le ali e poi lasci andare e sulle dita ti resta una polvere d'oro. Attenzione, perché la felicità, a volte, vi è passata accanto e non ve ne siete accorti. Io sono stato felice per pochi attimi e per cose inspiegabili.
Una volta quando in campagna mi entrò la citronella nelle narici, nei polmoni e mi venne voglia di cantare ad alta voce e sentii il mio essere in armonia con l’universo (…) felice di perdermi.
C’era in Camilleri anche uno struggimento: quello di non riuscire a credere in una felicità che durasse oltre questa vita:
La felicità non è di questo mondo, è di un altro mondo da cui sono escluso perché non credo. È qualcosa che trascende noi stessi.
Non si è mai professato credente Camilleri, tuttavia non escludeva la dimensione verticale, trascendente dell’esistenza, un altro mondo come dimora di felicità eterna, solo che da lui questa possibilità è sempre rimasta inesplorata. Forse per lui ora una porta si è aperta, ed è riuscito finalmente a vedere oltre…
Certo è che il suo sguardo su questo mondo è stato poetico, ovvero contrassegnato dalla grande capacità di vedere sempre nuove tutte le cose. E non è forse questo uno squarcio d’eternità nel qui e ora?
Andrea Camilleri è un romanziere che ha saputo vedere anche nella sofferenza e nell’ingiustizia del mondo qualcosa di luminoso. Un vedere direi quasi interiore, una vista che scaturisce non tanto dagli occhi quanto da un’acuta sensibilità. In particolare ha riscattato la sua Sicilia da tante rappresentazioni parziali e pregiudicate: ha ridato il giusto colore ai limoni e alle arance, alle ginestre e alle spine, al bene e al male. Proprio perché capace di scorgere la bellezza latente nelle cose del mondo e di cogliere la felicità nell’attimo apparentemente insignificante.
Con Camilleri se ne va un pezzo di cultura, ma soprattutto un certo modo di fare cultura: alto e basso mescolati con spiritosa sapienza; realtà e fantasia impastati con sensibilità e intelligenza; impegno e modestia; verità e bellezza. Questo è stato (e resterà) Andrea Camilleri, un intellettuale – è proprio il caso di dirlo – nato e vissuto per raccontare la Vita...
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